Un buon anno (2011) passa e un buon anno (2012) arriva

Parafrasandomi in merito alle scelte (della vita), non esiste un anno “sbagliato”. Esistono solo anni con più o con meno esperienze, insegnamenti, impegni.
In definitiva ogni anno è quindi buono per definizione e per fortuna nel mio caso anche questo è stato molto intenso come gli ultimi. Ma non lo è stato solo per me: anche l’Italia, nonostante la situazione politica ed economica che stiamo attraversando, si sta facendo strada nel mondo dell’innovazione e il termine “startup” sembra diventato quasi di moda e sta iniziando a sentirsi sempre più nelle parole di molti.

C’è chi dall’estero investe in startup italiane (*), startup italiane che vengono acquisite negli USA e altre che prendono finanziamenti nella Silicon Valley da investitori di tutto rispetto. Ma ci sono anche diverse startup italiane che ricevono finanziamenti principalmente (e non solo appunto) da italiani, come: Spreaker, Fubles, Iubenda, Risparmiosuper, Prestiamoci, Cascaad, Beintoo, etc. (una lista esaustiva l’ha stilata proprio oggi il buon Magnocavallo). [DISCLAIMER: quelle segnalate sono principalmente startup “amiche” :)]

Ovviamente tutto ciò è una conseguenza dei nuovi trend e mercati che si sono sviluppati recentemente. Ovviamente per deformazione professionale ed interesse personale cito in particolare la conferma di interesse nel Social Commerce sia in Italia che all’estero, ma anche il mobile, ad esempio, ha avuto una (prevedibile) svolta sostanziale negli ultimi 12 mesi: in questo caso il dato più significativo ed interessante è il sorpasso di utilizzo delle app mobile rispetto al web (negli USA).

Sono sempre stato contrario ai confini territoriali di ogni genere quindi non penso che sia giusto o sbagliato a priori essere in un determinato luogo per realizzare la propria impresa, soprattutto quando si parla di qualcosa che debba avere un respiro internazionale sin dalla nascita. Tutto dipende da cosa si deve fare, dove sono i propri clienti o come si devono cercare, dove si trovano le persone con cui fare squadra (ah, le persone…variabile determinante per la riuscita di ogni buon progetto!), dove si trovano gli investitori che possono fare al caso proprio e in cui si riesca ad entrare in sintonia e, in fondo, anche dove ci si riesca a trovare a proprio agio. Quindi: coraggio e…avanti Italia! Avanti Europa!! Avanti Mondo!!!

Quest’anno ci sono stati tanti eventi interessanti per aiutare la condivisione della conoscenza riguardo a temi legati alle startup, mobile, nuove tecnologie, metodologie Agile e tanto altro. Mi dispiace di aver partecipato solo ad alcuni di questi tra cui ricordo: WhyMCA e l’interessante Knowcamp organizzato da Nicola Ballotta (uno dei rari eventi del genere nella provincia di Modena).
Quello che mi riprometto nel 2012 è non solo partecipare a più eventi possibilmente in modo attivo ma anche di dare maggiore vita al gruppo Lean Startup Meetup di Bologna (e Milano) organizzando degli incontri insieme all’amico Giancarlo su questi temi in cui nutro particolare interesse e di cui parlerò più spesso in questo blog, facendo riferimento ad esperienze “sul campo”.

Nel frattempo vorrei condividere i libri che ho letto nel 2011 che reputo siano particolarmente interessanti per lo sviluppo di una startup (attenzione: con startup si intendono anche progetti all’interno di aziende affermate con perimetro ben definito e con una certa libertà di poter innovare e crescere):

  • The Lean Startup di Eric Ries:  il libro uscito nell’ultima parte dell’anno scritto dal “padre” della lean startup. Ricordo che tutto nacque nel 2008 da un post nel suo blog.
  • Start Small, Stay Small di Rob Walling: un libro che ogni sviluppatore apprezzerà per la sua chiarezza ed efficacia.
  • Running Lean di Ash Maurya: è un libro scritto da un imprenditore con una formazione da sviluppatore che tratta nella pratica, con metodologie ben precise, come portare avanti una startup con un processo lean. Interessante seguire anche il suo blog.
Infine non posso non menzionare dei “classici” come: The Four Steps to the Epiphany di Steve Blank (il mentore che ha ispirato Eric Ries riguardo alla Lean Startup con il Customer Development e da cui è quindi nato tutto), Business Model Generation di Alexander Osterwalder (utili esempi di business già esistenti e ben noti su come usare i lean canvas) e The Art of the Start di Guy Kawasaki (un po’ vecchio ma ancora valido per avere idea di come *non* fare un business plan e presentazioni a partner o investitori). Peraltro riguardo alle presentazioni non posso esimermi dal menzionare il sempre validissimo Presentation Zen.

Vorrei scrivere ancora tante altre cose ma rischio di tardare troppo per il Cenone…al prossimo anno e tanti auguri a tutti per un inevitabilmente meraviglioso 2012!

(*) Cibando è una startup che seguo sin dalle origini – come Mashape del resto 🙂 – ma l’episodio simpatico è stato che conobbi il giovane e sveglissimo Guk dopo una mail che inviò alla mia locanda (che penso sia stato uno dei primi ristoranti nella piattaforma) che all’inizio non presi bene – interpretandola erroneamente come spam 🙂 – ma dopo una risposta accesa da parte mia siamo arrivati ad uno scambio costruttivo e duraturo. Guk è un esempio che tutti i ragazzi dovrebbero considerare, insieme ad altri giovanissimi come Andrea Giannangelo (fondatore di Iubenda): ventenni che invece di andare alla ricerca disperata dal tanto ambìto (e sempre meno sensato) “posto fisso” scelgono di costruirsi il proprio lavoro con impegno e dedizione. Credendoci. Sono cose su cui riflettere.

That’s startup life

Gli ultimi mesi sono stati parecchio intensi. Tanto lavoro, molti viaggi e spostamenti, ma anche fantastiche persone con cui ho affrontato nuove esperienze professionali (e che non dimenticherò).

Insomma, non basta mai ripeterlo abbastanza: fare la startup è dura e per andare avanti spesso bisogna effettuare delle scelte “particolari”, non sempre del tutto razionali nel senso più stretto e classico del termine (forse anche l’amico Luca avrebbe qualcosa da aggiungere al riguardo :)).

Lo dicono tutti: ad esempio Steve Blank chiama il percorso di chi vuole fare l’imprenditore “disconnected path“, ma non riesco a togliermi dalla testa una presentazione di Tara Hunt, condivisa poco tempo fa da Alberto, dal titolo – e contenuto – meraviglioso: “So You Wanna Do A Startup? Bwahahahaha… Sucka”. Verità assolute.

E poi ogni tanto ci si mette anche la sfiga ad aggiungere il carico proprio nel momento in cui meno te l’aspetti, come è successo il 21 aprile sia a Blomming che a tante altre startup, con il piccolo particolare che proprio quel giorno è andato in onda anche un servizio su di noi durante il TG1 Economia. Ma non voglio anticiparvi troppo perché ho raccontato tutta la storia la settimana scorsa a Better Software e la potete leggere nella presentazione qui sotto.

Running Lean e il nuovo corso di Steve Blank a Stanford

Per chi fosse interessato allo studio di come realizzare una lean startup, segnalo un interessante libro di Ash Maurya in uscita a breve. A questo link potete scaricare l’attuale versione “Release Candidate” dell’e-book (scoperta qui grazie a Filippo Diotalevi).

Inoltre Tara Kelly ha giustamente messo particolare enfasi sul prossimo corso di Steve Blank a Stanford che si basa, oltre che sulle “classiche” lezioni di Customer Development, anche sul formare un team con cui creare una startup in 10 settimane in grado di accettare ordini! In effetti è una possibilità unica di imparare – e applicare – i concetti per creare una lean startup…sia nella teoria che nella pratica. Maggiori info qui.
Se qualche appassionato avesse voglia, tempo e possibilità, credo che possa essere un ottimo investimento da fare. 🙂

La lean startup e il customer development model. In Italia.

La scorsa settimana i ragazzi di Mashape, con un articolo pubblicato su TagliaBlog, hanno dato il via a discussioni piuttosto calde e contrapposte riguardo al tema “Fare una startup in Italia o in Silicon Valley?”. Ne è poi scaturita una risposta diretta ed altre discussioni indirette come questa.

Non nascondo una grande simpatia per i giovani ventunenni milanesi e per la loro visione “romantica” di come portare avanti il proprio sogno in USA (per cui faccio un grande tifo) ma, per una serie di motivi, io attualmente sono e voglio restare in Italia…di conseguenza mi interessa rendermi conto se anche da noi possano funzionare alcuni meccanismi, “pattern” e metodologie proprie delle startup USA. Del resto è oggettivo che oltreoceano ci sia maggiore esperienza al riguardo e che in Italia venture capital ed angel che investono su startup Internet siano di qualche ordine di grandezza inferiori. 🙂

Tuttavia la teoria del come fare una startup partendo dal basso, ovvero dai bisogni dei clienti che possono essere potenzialmente interessati ad un prodotto, a mio avviso è applicabile anche in Italia. Ovviamente, una volta superata eventualmente la prima fase, il respiro dovrebbe essere Internazionale per avere un mercato in grado di supportare una ragionevole crescita.

Di cosa sto parlando? Del Customer Development Model di Steve Blank, autore di Four Steps to the Epiphany, libro che sto finalmente leggendo con attenzione (cosa che consiglio vivamente di fare). Steve è un imprenditore seriale di successo della Silicon Valley (5 delle sue 8 startup sono state quotate in borsa) e attualmente professore alle università di Berkeley e Stanford. Dalla sua teoria su come realizzare una startup è  nato anche il movimento di Lean Startup, portato avanti insieme ad Eric Ries. Alcuni dettagli li potete trovare in queste due presentazioni: cosa è il Customer Development e cosa significa fare una Lean Startup.

Il concetto di fondo è che in genere tutti coloro che vogliono realizzare un nuovo servizio sono:
– Naturalmente abituati a pensare alle funzioni che dovrebbe avere
– A realizzarlo
e solo successivamente
– A valutare il feedback degli utenti/clienti sul prodotto/servizio.
Nel frattempo vengono tipicamente spesi parecchi soldi in marketing, sviluppo, organizzazione vendite, etc. il tutto sulla base di un business plan previsionale con assunti verificabili solo a posteriori.
Tutto ciò è tipico del Product Development Model, come di seguito.

L’intuizione di Steve Blank è stata quella di analizzare le startup che hanno avuto successo, trovando pattern comuni e riconducibili al fatto di essere state tutte molto attente ai bisogni dei clienti sin da subito. Pochi soldi spesi bene per realizzare quello che gli utenti volevano davvero e per cui erano disposti a pagare. Da qui il Customer Development Model, schematizzato di seguito:

Non entro nel dettaglio dello schema – mi piacerebbe tornarci in seguito – ma volevo intanto colpire la fantasia mettendo a confronto i due diversi modi di approcciare il problema, molto diversi.
Ultima curiosità per chi si intende di metodologie di sviluppo software: non notate un certo parallelismo? Guardate lo schema di seguito, che è la base dell’integrazione portata da Eric Ries al Customer Development Model creando il movimento della lean startup.

Il Product Development Model non ammette quindi di tornare allo stadio precedente (equivarrebbe al fallimento) ed è assolutamente seriale, mentre sia il Customer Development Model che l’Agile Development sono impostati su processi iterativi. Da notare l’importanza dell’analisi dei feedback tornando se necessario allo stadio precedente “imparando” dai propri errori per ripetere meglio l’azione successiva.

Sono tutti concetti non banali a cui ho soltanto accennato. Spero di aver stimolato la fantasia di qualcuno e di poter approfondire alcuni di questi aspetti in seguito.

Intanto io e Giancarlo stiamo portando avanti un gruppo ufficiale qui a Bologna del movimento Lean Startup che è attualmente anche l’unico in Italia. Questa teoria merita invece molta più visibilità e sono contento che ci sia qualcuno che si stia muovendo in questo senso come i ragazzi di TOP-IX di Torino che organizzeranno a breve un evento su questi temi. 🙂