That’s startup life

Gli ultimi mesi sono stati parecchio intensi. Tanto lavoro, molti viaggi e spostamenti, ma anche fantastiche persone con cui ho affrontato nuove esperienze professionali (e che non dimenticherò).

Insomma, non basta mai ripeterlo abbastanza: fare la startup è dura e per andare avanti spesso bisogna effettuare delle scelte “particolari”, non sempre del tutto razionali nel senso più stretto e classico del termine (forse anche l’amico Luca avrebbe qualcosa da aggiungere al riguardo :)).

Lo dicono tutti: ad esempio Steve Blank chiama il percorso di chi vuole fare l’imprenditore “disconnected path“, ma non riesco a togliermi dalla testa una presentazione di Tara Hunt, condivisa poco tempo fa da Alberto, dal titolo – e contenuto – meraviglioso: “So You Wanna Do A Startup? Bwahahahaha… Sucka”. Verità assolute.

E poi ogni tanto ci si mette anche la sfiga ad aggiungere il carico proprio nel momento in cui meno te l’aspetti, come è successo il 21 aprile sia a Blomming che a tante altre startup, con il piccolo particolare che proprio quel giorno è andato in onda anche un servizio su di noi durante il TG1 Economia. Ma non voglio anticiparvi troppo perché ho raccontato tutta la storia la settimana scorsa a Better Software e la potete leggere nella presentazione qui sotto.

Heroku e l’addio al sistemista

Premessa: questo post tratta un argomento un po’ tecnico anche se cercherò di scrivere in linguaggio comprensibile a tutti.

Heroku è una piattaforma multi-tenant di hosting basato su cloud computing (in particolare si appoggia ad Amazon EC2) per qualunque applicazione sviluppata in Ruby (quindi supporta non solo Ruby On Rails ma anche Sinatra, Merb, etc.). Maggiori dettagli li trovate qui.

La cosa interessante è che Heroku nasconde diverse complessità che altrimenti bisognerebbe considerare quando arriva il momento di pubblicare in produzione un servizio web. Il titolo del post è volutamente provocatorio per indicare l’assenza della necessità di supporto sistemistico durante il deploy di un’applicazione su Heroku: può essere effettuato tutto in modo sicuro e “programmatico” attraverso dei semplici script Ruby.

Questo a mio avviso chiude il cerchio colmando il gap dei sistemi di cloud computing che agiscono ad un livello più basso (come Amazon EC2) e che forniscono quindi infrastrutture di base – i.e.: la virtualizzazione dell’hardware – lasciando all’utente la gestione dei sistemi, che ovviamente può consentire una maggiore flessibilità ma in alcuni casi può anche essere un freno.

Le caratteristiche più interessanti comprese nel “pacchetto” Heroku sono:

  • Possibilità di scalare “on demand” con un click (utile anche per gestire picchi di traffico momentanei)
  • “Instant deployment”
  • Add-ons: funzionalità aggiuntive come Amazon RDS for MySQL, supporto nativo per Memcached e WebSolr (ovvero server integrati nella piattaforma utilizzabili come servizi da non dover gestire), domini custom, etc.
  • Architettura multi-tenant robusta e sicura
  • Ottima infrastruttura sottostante (Amazon EC2, come detto sopra)

I prezzi dato il servizio non sono stratosferici e c’è anche una versione free.

Se usate Ruby il mio consiglio è di provarlo, soprattutto se siete una startup: potrebbe essere la piattaforma in grado di far andare la vostra applicazione online…prima, meglio ed abbattendo i costi!

Altri servizi interessanti da prendere in considerazione (anche se meno innovativi di Heroku nel deploy) sono: EngineYard (solo per Ruby) e RackSpace Cloud (per PHP, ASP, .NET, JEE).

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Dropbox: backup, condivisione file e altro…on the fly

Dropbox logo

Da un po’ di tempo sto usando felicemente un servizio già approcciato da altre società ma a mio avviso mai risolto del tutto e bene, come invece è stato fatto da questa recente startup della Silicon Valley.

Dropbox è un sistema di backup, archiviazione con versioning e condivisione file completamente online. Può essere un’alternativa al classico hard disk esterno USB in cui vengono tenuti i backup dei vari computer che si hanno in casa e/o in ufficio, le foto, i video, i documenti o qualunque altra cosa vogliate archiviare o condividere.

Dropbox ha un’interfaccia web molto intuitiva tramite la quale potete accedere ai vostri dati in sicurezza da qualunque parte del mondo vi troviate con una connessione ad internet ed un browser web a disposizione. Potete anche installare l’apposita applicazione sul vostro computer Windows, Mac o Linux per accedere ai dati tramite una semplice cartella da posizionare dove preferite: potete installarla su tutte le macchine che volete e i dati saranno sempre sincronizzati bidirezionalmente in automatico (and of course: anche da e verso il web ovviamente).

Un paio di dettagli tecnologici:

  • la cartella di Dropbox è locale e la sincronizzazione è completamente gestita dal software quando si è online: in questo modo non si hanno rallentamenti lavorando direttamente sui file rispetto ad altre soluzioni che “montano” dei dischi di rete virtuali. Un contro di questa feature è che i file vengono scaricati su ogni computer in cui installate Dropbox, quindi si deve avere a disposizione lo spazio necessario nel disco fisso per ospitare tutti i file; una feature ovviamente molto richiesta è di poter scegliere le cartelle da replicare o meno sulle varie macchine: la dovrebbero realizzare a breve…
  • Dropbox utilizza Amazon S3 come servizio trasparente per l’utente. Questo è comunque garanzia di affidabilità vista l’ottima infrastruttura di ridondanza e sicurezza offerta da Amazon senza il bisogno di creare un’account apposito ad S3, gestire i dettagli tecnologici di iscrizione al servizio e i pagamenti basati sull’utilizzo di spazio e banda (come invece, ad esempio, bisogna fare nel caso di Jungle Disk).

Parlando di costi, la vostra Dropbox fino a 2 GB è gratuita ma se si vuole di più sono disponibili dei pacchetti a pagamento, come quello da 50 GB usato felicemente dal sottoscritto per 9,99 $ al mese.

Il mio consiglio è: provare per credere! 🙂

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