UXConference: le mie riflessioni

Come si intuisce dal titolo, questo post non vuole essere né una recensione, né un riassunto della conferenza ma alcune semplici riflessioni del sottoscritto che è stato spettatore durante questa interessante giornata a Lugano.

La conferenza verteva su quattro macro-temi principali (Strategie e Innovazione, Design agile, Mobilità, Giocabilità) intorno ai quali le presentazioni non hanno seguito un rigido e circoscritto percorso ma sono state realizzate sulla base della fantasia e delle competenze dei singoli relatori, pur restando all’interno dello schema di interesse prefissato.

Si è parlato molto di mobilità, sin dall’apertura della conferenza di Massimo Pettiti sulle tecnologie mobile, la storia e la crescita di questo settore in Italia ed alcune previsioni sul futuro, fino a quanto queste potranno cambiare sempre più il modo di integrare la tecnologia con la nostra vita; su questi ultimi temi si è spinto abbastanza avanti con vari esempi interessanti Fabio Sergio di Frog Design.

Alessandro Galetto di H3G ha parlato della storia dei servizi mobile dal 2000 fino ad oggi, dell’evoluzione dei servizi che le compagnie telefoniche potrebbero realizzare e di integrazione sulle piattaforme mobile degli status dei vari social network in modo da non dover rimbalzare da un sito all’altro o da un’applicazione all’altra per rispondere ai commenti degli amici (io credo molto in questo e ci penso da un po’).

Non sono mancate le presentazioni in stile “accademico” ma comunque di sicuro interesse applicativo come quelle di Stefano Bussolon (“UX e motivazioni.”), Monica Landoni & Marco Pasch (“DEDUCE: Design of new tools to espress emotions during User Centered Evaluation.”) ed Elisa Rubegni (“Design for fountains: progettare modalità di interazione in luoghi pubblici”).

Molto simpatica la presentazione di Francesco Cirillo – meglio conosciuto come creatore della Tecnica del Pomodoro, adottata tra l’altro durante ogni presentazione della conferenza – dal titolo provocatorio “Design emergente: più cambiamenti, più profitti.” dove ha cercato di convincere il pubblico (nel mio caso non ce n’era bisogno :)) sulla bontà delle varie tecniche Agile sia per lo sviluppo del software che per la gestione dei progetti in modo da arrivare a sistemi software più manutenibili e meno complessi al crescere di cambiamenti e funzionalità. Troppo lungo da spiegare qui ma se vi interessa possiamo approfondire in separata sede!

Infine Leandro Agrò, nel presentare in modo accattivante il concetto di Internet Of Things, portato avanti dalla sua azienda WideTag, ha fornito una dimostrazione di iCrocco: un divertente esempio di social hardware…e a questo punto non ci si può esimere dal nominare Arduino, azienda italiana che sviluppa uno dei più famosi sistemi di hardware open source che sta trovando innumerevoli applicazioni.

Quando sento parlare di argomenti che mi interessano e soprattutto degli aspetti innovativi e previsioni future, non posso fare a meno di farmi venire in mente delle idee su qualcosa da realizzare e ovviamente non potevano mancare anche in questo caso!
Credo molto nell’Internet Of Things e nel fatto che ci sarà qualcosa da dire in merito nel futuro prossimo. Penso anche che le applicazioni mobile siano solo agli inizi (e grazie all’iPhone, che è stato un apripista non da poco), ma anche in questo settore c’è ancora molto da sviluppare e le varie piattaforme (iPhone, Android, Symbian, Windows Mobile, etc.) attualmente sono troppo distanti tra loro mentre la direzione giusta è quella dell’integrazione (così come tempo fa lo fu il web VS le applicazioni client/server). Anche riguardo ai social media FriendFeed è un buon servizio di integrazione dei vari feed personali ed ottimo sistema per creare conversazioni ma se le piattaforme continueranno ad aumentare diventerà sempre più complesso gestirle per gli utenti…
Insomma ci sarà sicuramente da divertirsi…e questo è buono! 🙂

Reblog this post [with Zemanta]

Pillole di startupping #1

Ho pensato di condividere alcune idee che ritengo interessanti su come approcciare, mentalmente e praticamente, l’avvio di una startup (principalmente tech/web/mobile).

Andando contro la mia indole, che tende a schematizzare ogni cosa, ho pensato di scrivere brevi post in una sorta di “rubrica” in cui raccogliere i diversi spunti in modo non ordinato…Confesso che scriverò queste cose principalmente come promemoria per me stesso! 🙂

  • Non contano le idee, ciò che conta è la loro realizzazione
  • Seguite il Cult Of Done Manifesto. Fate come me ed Alberto e stampatevene una copia di fianco alla vostra scrivania…
  • E’ giusto fare un business plan, magari a 5 anni. E’ un esercizio utilissimo e fondamentale ma i fatti sono altro: sviluppate il prototipo della vostra idea ASAP.
  • Usate il Pomodoro (o la mia tecnica mista GTD + Pomodoro) non solo per lo sviluppo ma anche per la gestione delle altre attività quotidiane. Vi sarà utile sia per avere una visione d’insieme che per misurare nel dettaglio dove state andando, il tempo che ci mettete e dove ci sono gli eventuali sprechi
  • Usate Basecamp, Google Sites, Docs e/o qualunque altro sistema che possa agevolare e facilitare lo scambio di informazioni online tra chi partecipa al progetto insieme a voi
  • Preferite una breve e puntuale call su Skype o qualunque altro sistema di videochiamata con i vostri soci/collaboratori piuttosto che una pesante e inutile riunione di un giorno…non c’è tempo!
  • Parlando con qualunque interlocutore (soci, collaboratori, investitori, etc.) andate sempre dritti al sodo e niente giri di parole…non c’è tempo!
  • Si inizia con la passione e si continua con i soldi
  • Corollario del punto precedente: andate dagli investitori con una beta, prototipo o qualunque altra cosa che dimostri la vostra “passione” nel progetto e le vostre capacità di realizzarlo, poi i soldi (forse) arriveranno… 🙂
Reblog this post [with Zemanta]

Heroku e l’addio al sistemista

Premessa: questo post tratta un argomento un po’ tecnico anche se cercherò di scrivere in linguaggio comprensibile a tutti.

Heroku è una piattaforma multi-tenant di hosting basato su cloud computing (in particolare si appoggia ad Amazon EC2) per qualunque applicazione sviluppata in Ruby (quindi supporta non solo Ruby On Rails ma anche Sinatra, Merb, etc.). Maggiori dettagli li trovate qui.

La cosa interessante è che Heroku nasconde diverse complessità che altrimenti bisognerebbe considerare quando arriva il momento di pubblicare in produzione un servizio web. Il titolo del post è volutamente provocatorio per indicare l’assenza della necessità di supporto sistemistico durante il deploy di un’applicazione su Heroku: può essere effettuato tutto in modo sicuro e “programmatico” attraverso dei semplici script Ruby.

Questo a mio avviso chiude il cerchio colmando il gap dei sistemi di cloud computing che agiscono ad un livello più basso (come Amazon EC2) e che forniscono quindi infrastrutture di base – i.e.: la virtualizzazione dell’hardware – lasciando all’utente la gestione dei sistemi, che ovviamente può consentire una maggiore flessibilità ma in alcuni casi può anche essere un freno.

Le caratteristiche più interessanti comprese nel “pacchetto” Heroku sono:

  • Possibilità di scalare “on demand” con un click (utile anche per gestire picchi di traffico momentanei)
  • “Instant deployment”
  • Add-ons: funzionalità aggiuntive come Amazon RDS for MySQL, supporto nativo per Memcached e WebSolr (ovvero server integrati nella piattaforma utilizzabili come servizi da non dover gestire), domini custom, etc.
  • Architettura multi-tenant robusta e sicura
  • Ottima infrastruttura sottostante (Amazon EC2, come detto sopra)

I prezzi dato il servizio non sono stratosferici e c’è anche una versione free.

Se usate Ruby il mio consiglio è di provarlo, soprattutto se siete una startup: potrebbe essere la piattaforma in grado di far andare la vostra applicazione online…prima, meglio ed abbattendo i costi!

Altri servizi interessanti da prendere in considerazione (anche se meno innovativi di Heroku nel deploy) sono: EngineYard (solo per Ruby) e RackSpace Cloud (per PHP, ASP, .NET, JEE).

Reblog this post [with Zemanta]

3 dicembre 2009: UXConference a Lugano

Non scrivo da un po’ e l’invito ricevuto per partecipare alla UXConference mi sembra un ottimo motivo per due righe nel blog (ne ha parlato anche Alberto qui).

E’ una conferenza che tratterà tematiche non esclusivamente tecnologiche ma comunque legate ad innovazione ed user experience, ovvero tutti i temi che SketchIn – la società organizzatrice dell’evento – conosce molto bene ma non mancheranno interessanti speaker esperti nei diversi settori di competenza. Ci sarà da divertirsi! 😉

Se siete curiosi e volete entrare maggiormente nel merito, ecco i link alla presentazione ed al programma della giornata.

Io ci sarò. Ci vediamo/conosciamo alla UXConference il 3 dicembre? 🙂

Reblog this post [with Zemanta]

Tesicamp: un evento originale da ripetere

Venerdì ho partecipato (come spettatore) con molto piacere al Tesicamp, una giornata originale nata da un’idea di Alberto D’Ottavi, Luca Galli ed Ivan Montis, aiutati da un team di validissimi collaboratori. In poche parole si è trattato di un evento in stile barcamp ma più precisamente, citando il sito ufficiale: “Un incontro tra laureati, laureandi e mondo del lavoro. L’idea è di rovesciare l’aula classica: gli studenti presentano e tutti gli altri commentano”.

Ci sono state molte presentazioni interessanti, citandone solo alcune ad esempio: “Le strategie di marketing online delle aziende del settore della moda: dall’e-commerce al web 2.0” di Silvia Azzolina, “SEND.ME, Simoli digitali per viaggi reali” di Valentina Locatelli, “Travelr! Sharing knowledge through travelers” di Angelo Perone, “Customer Care on Line: nuove frontiere della comunicazione nella rete” di Piero Tagliapietra e tante altre (mi dispiace non poterle inserire tutte). Da citare anche l’interessante indagine presentata da alcuni studenti del Social Media Lab sullo status updating intitolata “Update your mind”: ben strutturata, approfondita e ricca di contenuti.

Carina e ben riuscita anche la tavola rotonda moderata da Alberto a fine giornata; più di un’ora passata molto velocemente con:

  • laria Bonetti – Innovhub, azienda  speciale della Camera di Commercio di Milano per l’Innovazione
  • Giorgio D’Amore – Presidente Giovani imprenditori di Assolombarda
  • Lisa Di Sevo – Associate di Dpixel
  • Ruggero Eugeni – Direttore Almed Università Cattolica
  • Fabiano Lazzarini – Direttore generale IAB Italia
  • Piero Rivizzigno – Fondatore Glossom

Magari ci fosse stato il Tesicamp ai miei tempi! Con la tesi “Sviluppo dell’infrastruttura di trasporto per un sistema ad agenti mobili integrato con il web” (comprensiva di applicazione completamente funzionante) avrei sicuramente riscosso un grande successo! 😉 Si, perchè il bello del Tesicamp è che non c’era un'”esasperata” esigenza di dover necessariamente fare business o cercare degli investitori: i ragazzi hanno presentato il loro studio di mesi o anni, le loro idee, i loro progetti in un clima in cui venivano condivise informazioni e scambiate opinioni in modo collaborativo e costruttivo.

Alcune idee, quelle progettuali che hanno la potenzialità di diventare una startup, possono essere perfezionate su alcuni aspetti come: modello di business, analisi del mercato, strategie di marketing e di crescita, distribuzione, metriche, etc. ma per fare questo, che magari vedremo in un prossimo Tesicamp, le prime cose sono: volontà, duro lavoro, un po’ di follia e soprattutto passione per quello che si fa…ma vi assicuro che in particolare di quest’ultima ce n’era tanta!

Reblog this post [with Zemanta]

Retaggio informatico per organigramma piatto

E’ da un po’ che avevo in mente di scrivere un post con un titolo del genere. Sono capitato per caso in un’intervista ad Eric Schmidt, CEO di Google, di qualche mese fa che mi ha particolarmente stimolato a pubblicarlo.

BD842-OrganigrammaLa parte dell’intervista su cui vorrei soffermarmi è questa considerazione:

“The new phrase is of course network-based organization. And we think that Google is probably the best example of a network-based organization. Very flat, very non-hierarchical, very much informal in culture and ideas – ideas come from everywhere…”

Io sono completamente d’accordo: sicuramente non è semplice da realizzare ma le aziende basate su svariati livelli gerarchici sono ormai “vecchie”, generano meno valore e innovazione e non creano le giuste condizioni per stimolare creatività e passione nel lavoro dei propri dipendenti.

Il paradigma informatico che mi viene in mente per esprimere una similitudine con questo tema è la differenza tra l’utilizzare un sistema gerarchico ad albero per organizzare le informazioni, contro un sistema basato su tagging: il primo è più rigido, schematico e piatto, mentre il secondo è più flessibile, versatile e più ricco di contenuti.

Mi immagino che in un’azienda basata su “tagging” vi siano dei gruppi di lavoro staffati a progetto, per tematiche aziendali, l’insieme trasversale dei due o qualunque altra cosa che calzi al meglio i bisogni dell’azienda. I leader di questi team possono essere intercambiabili, magari a rotazione (in modo che tutti si possano cimentare su tematiche diverse) e responsabilizzati nel coordinamento dei progetti. E’ chiaro che queste logiche faranno naturalmente emergere meritocraticamente le persone più esperte o più capaci, ma è sicuramente un sistema per far crescere tutti in modo uniforme e stimolante.

Alcuni benefici indiretti di un approccio di questo tipo sono anche: la maggiore condivisione delle informazioni aziendali, l’omogeneità delle soluzioni realizzate (che spesso con la separazione rigida di responsabili e team a livello gerarchico vengono un po’ a mancare), un maggiore affiatamento delle persone ed un minore turnover dei dipendenti.

Per ora non ho ancora avuto esperienza diretta di quanto espresso sopra ma spero di riprendere l’argomento a breve anche con qualche esempio pratico! 😉

Reblog this post [with Zemanta]

alberi vs tags

(creare la categoria Fare Impresa 2.0?)

GTD e Pomodoro: come pianificare e gestire il tempo lavorativo

Io – come il piccoloimprenditore e molti altri 🙂 – credo davvero che la risorsa più importante che abbiamo a disposizione sia il tempo ed ogni giorno che passa ne ricevo conferma.

Il problema è che non è poi così semplice pianificare al meglio le attività da fare e gestire la sequenza di azioni in grado di portarle a termine, insieme a tutti i vari “disturbi” che ci vengono necessariamente posti di fronte ogni giorno…

La mia soluzione a questo problema è l’utilizzo combinato di due note tecniche di pianificazione e gestione del proprio tempo, ovvero: GTD (Getting Things Done) e The Pomodoro Technique, sulle quali vorrei spendere due parole introduttive.

Introduzione

GTD (Getting Things Done)

Tecnica ideata da David Allen ed esposta attraverso un libro (di cui ne esiste anche una versione italiana). Potete trovare maggiori informazioni sul sito dell’autore ed in moltissimi altri siti dedicati a al GTD, tuttavia vorrei comunque allegare di seguito un’immagine per avere un’idea del processo: si tratta di un workflow da seguire (più o meno rigorosamente) che permette di gestire in maniera strutturata e organizzata ogni tipo di attività (lavorativa e non) ci si presenti.

gtd-workflowConcettualmente ogni attività passa per una inbox (reale o virtuale che sia) e viene valutata:

  • Se non può essere eseguita, sulla base di una nostra valutazione, può venire:
    • archiviata per consultazioni successive
    • inserita in una lista delle cose possibili/da fare più avanti
    • eliminata
  • Se può essere eseguita, sulla base di una nostra valutazione, può:
    • essere eseguita immediatamente nel caso impegni al massimo due minuti
    • essere delegata ed inserita in una lista (da tenere sotto controllo) delle attività delegate ad altri
    • essere inserita nella lista delle attività da fare quanto prima
    • essere inserita a calendario nel caso che debba essere fatta in un preciso momento
    • essere inserita nel planning dei progetti, da revisionare ciclicamente e deciderne la prossima attività da eseguire

The Pomodoro Technique

Questa tecnica è stata inventata da un italiano, Francesco Cirillo, ideata all’inizio degli anni 90 e divenuta nota in tutto il mondo poco prima del 2000. E’ una metodologia utilizzata particolarmente per lo sviluppo Agile, ma può essere applicata tranquillamente a qualunque tipo di attività. Esiste un apposito sito web in cui trovare tutte le informazioni necessarie, comprese: le istruzioni veloci per chi ha poco tempo o il libro sia in inglese che in italiano.

Il concetto di base, che vi consiglio di approfondire attraverso i riferimenti di cui sopra, è davvero molto semplice: si basa sull’uso di un timer da cucina (da qui nasce il termine “Pomodoro” inteso come timer in una sua forma classica) per controllare un tempo di 25 minuti in cui dobbiamo essere concentrati nello svolgere un’attività pianificata precedentemente; alla scadenza abbiamo 5 minuti di pausa e poi via con il pomodoro successivo. Ogni 4 pomodori la pausa si fa più lunga (15-30 minuti).

Il mio metodo

Io usavo già da qualche anno GTD prima di conoscere la tecnica del Pomodoro (in realtà l’avevo già utilizzata parzialmente a Yoox durante lo standup meeting, adottandola quindi solo marginalmente) ma approfondendola ho pensato che fosse proprio perfetta per colmare il gap lasciato a mio avviso dal GTD, ovvero: un aiuto nel controllo, nell’esecuzione e nella misurazione delle varie attività, al fine di ottimizzare al massimo il proprio tempo.

Quindi nella pratica:

  • Utilizzo il GTD seguendo completamente il workflow “standard” fino a dove può arrivare, ovvero alle “Next Actions”
  • Da quel momento in poi entra in gioco il Pomodoro: le attività vengono inserite in un’apposita lista di quelle da fare oggi, stimate sulla base del tempo a disposizione per quel giorno e i “pomodori” che riesco mediamente a completare in quel tempo.

Gli strumenti che utilizzo per fare tutto ciò sono: Evernote (di cui ho già parlato), Google Spreadsheet e  – da vero geek 🙂 – un timer software per Mac dedicato alla tecnica del Pomodoro.

In Evernote gestisco completamente il workflow GTD, considerando le “Next Actions” coincidenti con la “Lista Attività” della tecnica del Pomodoro e gestendo un’apposita lista delle cose da fare oggi (Pomodoro: To do TODAY). Di seguito uno screenshot esplicativo:

Immagine 3

Google Spreadsheet invece lo utilizzo per le registrazioni delle attività completate (come da tecnica del Pomodoro) esplicitando: data e ora, tutti i parametri di mio interesse per reportistiche future (quali: progetto, area di appartenenza, tipologia di attività, etc.), i pomodori stimati, i pomodori reali per completarla e gli eventuali disturbi (interni ed esterni).

Come metodologia Agile in team ho sempre utilizzato Scrum ma, non appena ne avrò occasione, mi piacerebbe valutare anche un’uso combinato di queste tecniche per il gioco di squadra.

Buon lavoro! 😉

Reblog this post [with Zemanta]

Equilibrium

Non il film (che tra l’altro consiglio di vedere, dove recita uno dei miei attori preferiti :)), ma la capacità di un’azienda (particolarmente se startup) di dare il giusto peso alla parte di consulenza, progetti innovativi per sviluppare prodotti e progetti grandi che potrebbero “risucchiarla”.

Per qualcuno da prendere senz’altro in considerazione – di cui consiglio la lettura anche di questo articolo – una startup è un’azienda che, in prima istanza, sviluppa e vende un prodotto, non servizi di consulenza; di seguito l’estratto principale di questo concetto a mio avviso molto interessante:

But isn’t the consulting company itself startup? No, not generally. A company has to be more than small and newly founded to be a startup. There are millions of small businesses in America, but only a few thousand are startups. To be a startup, a company has to be a product business, not a service business. By which I mean not that it has to make something physical, but that it has to have one thing it sells to many people, rather than doing custom work for individual clients. Custom work doesn’t scale. To be a startup you need to be the band that sells a million copies of a song, not the band that makes money by playing at individual weddings and bar mitzvahs.

Io penso che non ci sia una verità assoluta e che molto dipenda dall’idea, dal tipo di business e dalle persone che lo sviluppano. Quindi per qualunque startupper vale sicuramente la pena farci qualche ulteriore riflessione in merito, sulla base delle specifiche dinamiche della sua impresa…

Reblog this post [with Zemanta]

Non il film (tra l’altro particolare, dove recita uno dei miei attori preferiti) ma il fatto che nei prossimi mesi dovrò trovare un giusto equilibrio tra progetti di consulenza, progetti innovativi sul web e progetti grandi che potrebbero “risucchiarmi”

Ciao Yoox!

Non posso far passare inosservato questo giorno: l’ultimo che trascorrerò in Yoox come dipendente.

Mi dispiace (davvero!) abbandonare i colleghi, che in questi anni sono diventati anche amici e che ovviamente mi hanno insegnato molto.

L’esperienza in Yoox è stata estremamente positiva: sinceramente non me ne sarei mai andato per un altro lavoro dipendente, ma sto cercando di coronare il mio sogno di fare l’imprenditore, il che implica alcune scelte conseguenti…Spero comunque di poter collaborare e offrire in futuro i miei prodotti e servizi a questa azienda giovane e dinamica. 🙂

Gli addii non mi sono mai piaciuti e, particolarmente in questo caso, non mi resta che dire: Ciao Yoox! Ci rivedremo in qualche prossima avventura!

Reblog this post [with Zemanta]

Essere una Mela

Sfortunatamente la concorrenza nel settore dell’informazione è spesso basata sul prezzo perchè c’è molta ignoranza sugli argomenti trattati. Non mi sto riferendo alla sola parte strettamente tecnologica ma anche a tutto il resto che gira intorno ai progetti Internet (grafica, online marketing, comunicazione, etc.).

I macro-problemi sono due. Da una parte c’è una tipologia di utenti che non capendo la differenza nella sostanza tra più proposte, si basano sull’unica cosa che possono valutare: il prezzo; dall’altra ci sono dei “ribassisti” che, forti del fatto che per fare questo mestiere può bastare un computer, una connessione ad Internet (E POCO ALTRO), accettano qualunque proposta.

Inutile parlare del tipo di lavori prodotti attraverso questo circolo vizioso, dove spesso il cliente è obbligato – una volta capita la lezione – a farsi rifare tutto o (peggio) far correggere i problemi da qualcun altro…

L’importante nella consulenza in questo settore quindi, è crearsi una propria nicchia di mercato. Che sia verso le grandi aziende, le PMI, i liberi professionisti o i privati, bisogna trovare chi riesce ad apprezzare il proprio lavoro indipendentemente dal prezzo (basso o alto che sia), perchè solo voi sapete insegnare/spiegare/fare quella cosa  in quel modo o offrire quel prodotto con quelle particolari ed originali caratteristiche. Così come la Apple riesce a vendere i suoi prodotti al doppio degli altri sul mercato che però sono imparagonabili, perchè chi compra Apple lo fa  apprezzando il design, la solidità dell’hardware, la robustezza del software, l’attenzione ai dettagli, etc. e il prezzo passa in secondo piano…

P.S.: Quello della Apple è un esempio da prendere (con le pinze) per quello che è. Ovviamente non esiste paragone tra il marketing che può fare la casa di Cupertino e quello che può fare una piccola azienda o un libero professionista 🙂

P.P.S.: Mentre scrivevo ho visto questo post che mi sembrava utile linkare come testimonianza di una di queste situazioni…

Reblog this post [with Zemanta]